giovedì 29 ottobre 2009

E avanti a Loro applaudiva tutta Vienna...


Guardare l'aprirsi del sipario della Wiener Staatsoper è un po' come attraversare lo specchio di Alice, si viene trasportati in un'altra dimensione. O meglio ancora, è come fare un salto indietro di mezzo secolo, quando alla regia d'opera altro non si chiedeva che una rassicurante illustrazione delle indicazioni sceniche del libretto. Molto tempo è passato da allora e oggi, grazie a vere e proprie rivoluzioni registiche compiute, a più livelli, prima nel teatro di prosa e poi in quello lirico, la funzione visiva dello spettacolo è passata ad avere un ruolo totalmente attivo nell'interpretazione dell'Opera, un po' come avviene per il canto e la direzione ma (ovviamente) con maggiori margini di libertà. In questa produzione, creata nel 1958 per una leggendaria Tosca con Renata Tebaldi sotto la bacchetta dell'immortale Herbert von Karajan e che porta la firma della ballerina-coreografa Margarethe Wallmann (mentre i bellissimi costumi così come i cupi fondali sono di Nicola Benois), c'è la Maddalena, c'è il canapè nello studio di Scarpia, ci sono i candelabri, c'è l'enorme Arcangelo Michele nel terzo atto. Non manca nulla insomma.
Altrettanto completa è la parte musicale dello spettacolo, a cominciare da una Daniela Dessì in forma smagliante che ci conferma ancora una volta l'indissolubile legame con l'Eroina pucciniana. Già dal primo atto colpiscono la morbida dolcezza donata al duetto con Mario ma anche la dolorosa tristezza dell' "Ed io venivo a lui tutta dogliosa"; negli atti successivi è il versante drammatico a farla da padrone grazie alla prorompente teatralità dell'attrice sempre però al servizio della partitura pucciniana. Interpretazione magistrale insomma, coronata da un "Vissi d'arte", gioiello nel gioiello, di sfavillante emozione.
Prendete un'abbondante manciata di acuti sfavillanti (il "Vittoria!" era in questo senso elettrizzante), una ricca dose di mezzevoci di qualità sopraffina e accostatele ad un physique du role che più idoneo non si potrebbe: ecco il Mario Cavaradossi di Fabio Armiliato. Anche per il tenore genovese è una prova maiuscola, in cui svetta la ricerca di dinamiche espressive sempre varie ed inedite: citiamo, per quanto rigurda questa recita viennese, la lunga serie di pianissimi nel duetto del terzo atto atto, sfumato, anche grazie al dilatarsi dei tempi orchestrali, in una delicata visione quasi onirica. Abbiamo citato l'orchestra e prendiamo qui la palla al balzo per elogiare l'Orchestra della Wiener Staatsoper che, sotto la diligente bacchetta di Keri-Lynn Wilson, realizzano una bellissima prova, in cui le sonorità sono sì ampie ed impetuose, ma mai arrivano a coprire il canto.
Il resto del cast si dibatteva tra la sufficienza e la mediocrità, a cominciare dallo Scarpia di Egils Siliņš, dotato sì di bella voce, ma che (debuttante nel ruolo in questo teatro) fatica perfino a ricordare la parte.
La bella serata si è conclusa in trionfo, tra le standing ovation del pignolo pubblico viennese ed il lancio di fiori alle due star italiane.


17 ottobre 2009
Wiener Staatsoper
TOSCA

dirigentin: Keri-Lynn Wilson
inszenierung: Margarethe Wallmann
buhnebild und kostume: Nicola Benois

FLORIA TOSCA: Daniela Dessì
MARIO CAVARADOSSI: Fabio Armiliato
IL BARONE SCARPIA: Egils Siliņš
CESARE ANGELOTTI: Marcus Pelz

Orchester der Wiener Staatsoper

Qualche video:
- "E qual via scegliete..."
- "Floria... Vittoria!"
- "Oh dolci mani..."

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